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Segnalazioni| Campi Flegrei Piedirosso Terrazze Romane 2018 Cantine del Mare

17 settembre 2020

Continua il momento magico per questo straordinario territorio a nord di Napoli e per i suoi meravigliosi vini, in particolare per il Piedirosso dei Campi Flegrei¤, risultato di un duro lavoro cominciato molti anni fa e con non pochi alti e bassi, con tanti dei protagonisti continuamente alle prese con scelte talvolta condivisibili altre volte meno.

E’ all’esame di maturità Gennaro Schiano, il suo leggere il Piedirosso ha trovato da tempo un’apprezzabile quadratura, gli ultimi assaggi di tutte le etichette prodotte sono più che confortanti e danno prova di vini ricchi di personalità, pienezza espressiva e di grande piacevolezza; tra queste, emerge con considerevole slancio Terrazze Romane duemiladiciotto, un Cru proveniente dalle vigne terrazzate di via Bellavista a Bacoli, riprese in etichetta, che affacciano sulla Spiaggia Romana tanto cara a Publio Servilio Vatia, console e militare della Repubblica romana che qui si ritirò a vita privata.

Si tratta di una manciata di bottiglie che testimoniano appieno la qualità del grande lavoro in vigna e in cantina di questi ultimi anni; il colore è splendido, rubino vivace, luminoso come sacro fuoco, il naso è un portento, fitto, ampio, finissimo, pieno di rimandi a frutta rossa polposa, sa di ciliegia e melagrana, floreale di rosa, peonia e gerani, con appena un accenno di balsami e macchia mediterranea; il sorso è rotondo, appare sottile e disteso, si fa poi largo e si allunga ad ogni assaggio, abbastanza morbido, ricco di tanto frutto polposo, teso il giusto, dissetante. E’ un piccolo manifesto questo vino, oggi pronto a bersi con soddisfazione ma siamo certi anche capace di maturare e sorprendere nel tempo; da portare in tavola con primi al ragù di mare ma anche con carni stufate o preparate al forno con contorni di verdure.

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Seganalazioni| Falanghina Campi Flegrei Torrefumo 2018 Cantine del Mare

28 aprile 2020

Sono in dirittura di arrivo con le nuove etichette, il vino era pronto da qualche mese e dopo i ripetuti assaggi di queste settimane ci sentiamo di affermare che è buono come e più di prima; la nuova veste delle bottiglie è una ventata di freschezza che potrà solo fare bene alla piccola realtà montese di Alessandra e Gennaro Schiano.

Dopo l’ultimo buonissimo risultato alle prese con un’annata certo non facile da leggere come la duemiladiciassette, Gennaro si è finalmente convinto di dare una precisa identità al vino proveniente dalle sole uve coltivate nello splendido vigneto anfiteatro di Monte di Procida, in località Torre Fumo, sulla via Panoramica del comune flegreo, luogo a dir poco suggestivo dove il mare è praticamente lì, a due passi oltre la scarpata, dove la vigna gode di un microclima eccezionale con venti che spazzano costanti il Canale di Procida contribuendo ad arieggiare il catino di tufo giallo napoletano, sabbia e pomici intorno al quale insistono i terrazzamenti coltivati prevalentemente con Falanghina.

Torrefumo duemiladiciotto nasce proprio qui, come ben rappresenta la nuova bella etichetta d’artista, ha vivacità gustativa da vendere, è un bianco invitante e fine, minerale, senza dubbio tra le migliori interpretazioni di Falanghina tirate fuori da Gennaro negli ultimi anni.

E’ un vino certamente varietale e già ben definito, che regala però suggestioni marine e tratti balsamici molto gradevoli preparandoci ad un assaggio fresco, giustamente puntuto e saporito. Il primo naso è sottile ma già offre chiare sensazioni di frutta e tratti mediterranei molto chiari, profuma di agrumi, sorbe, nespola e biancospino. Il sorso è puntuto, giustamente sapido, sa pienamente di questa terra carezzata dal mare. Qualche tempo ancora in bottiglia gli consentirà solo di ben maturare e mettersi in prima linea per tirare la volata ai piccoli grandi vini già in marcia per il futuro di questo territorio!

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Il successo del Piedirosso dei Campi Flegrei spiegato facile con tre ottime bottiglie

14 settembre 2019

Chi ha vissuto e può raccontare a suo modo gli ultimi quindici/vent’anni di viticoltura nei Campi Flegrei sa bene che era necessario solo attendere e continuare a stimolare vignaioli e produttori nel fare meglio, il successo dei vini flegrei, presto o tardi, sarebbe arrivato; la distanza che li separava dal resto del mondo del vino, quel gap soprattutto di mentalità, certi difetti dei vini, originati soprattutto da una cattiva gestione del vigneto, della vinificazione o dell’affinamento, talvolta proposti addirittura come tipicità, sono stati per anni un fardello pesantissimo da portarsi dietro ma finalmente (quasi) del tutto superati.

La strada da fare, sia ben chiaro, è ancora tanta, è necessario anzitutto che il territorio, la sua gente, le istituzioni che li governano sappiano riconoscere in questo lungo percorso nuovi obiettivi di crescita condivisi per non mancare l’appuntamento con la storia, fare di questo pezzo di terra, di questa vocazione unica e straordinaria un’opportunità di sviluppo di largo respiro internazionale.

Tornando al nostro Pér ‘e Palumm, per lungo tempo, come ampiamente raccontato più volte proprio su queste pagine con l’aiuto dell’amico enologo Gerardo Vernazzaro¤, ci siamo sentiti raccontare che certe puzzette del Piedirosso fossero un tratto caratteriale tipico del vitigno, o del territorio: niente di più sbagliato! Per non parlare del carattere vegetale di alcuni, un difetto riconducibile solo ed esclusivamente ad una non corretta maturità dell’uva, quindi da una gestione approssimativa del vigneto.

Altro tasto sempre molto dolente, la riduzione, dovuta invece alla produzione di idrogeno solforato (uova marce) e metantiolo (acqua stagnante, straccio bagnato) ad opera dei lieviti quando si trovano in condizione di particolare stress per carenza di ossigeno o per carenza di azoto. I suoli vulcanici si sa sono composti principalmente da sabbie, sono terreni sciolti, poveri di azoto, tale macro-elemento è indispensabile per un corretto metabolismo del lievito, quindi avendo valori di azoto prontamente assimilabile (APA) bassi – in media tra 80-120 mg/l quando solitamente ne occorrono circa il doppio -, non è difficile cogliere quale fosse l’origine del male di certi vini sempre un po’ sospesi tra l’inferno ed il purgatorio.

Tant’è, senza fare torto a nessuno dei produttori flegrei che continueremo a seguire sempre con grande passione per raccontare approfonditamente dei loro vini, proviamo ad anticipare, tra le prime, l’uscita di tre ottime bottiglie che ci sono capitate a tiro nelle scorse settimane, bevute in anteprima, che ci sembrano ben rappresentare la lunga strada percorsa sino ad oggi dal varietale, dal territorio e dai loro interpreti. 

Campi Flegrei Pér 'e Palumm Agnanum 2018 Raffaele Moccia - foto L'Arcante

Pér ‘e Palumm Campi Flegrei Agnanum 2018 Raffaele Moccia. Raffaele tiro dritto per la sua strada, nessun compromesso in vigna dove si continua a mantenere fede all’eredità del padre e condurre la vigna in maniera ancestrale. I vini di Agnanum¤, pur caratterizzati da una bevibilità unica, vanno aspettati e lasciati respirare, concedendogli cioè il giusto tempo di ossigenazione, una breve sospensione temporale necessaria per godere a pieno persino delle piccole imprecisioni, quelle sottili sgrammaticature che rappresentano per i palati più attenti un segno distintivo dei meravigliosi vini prodotti qui su questo costone di sabbia vulcanica che conduce direttamente sull’oasi del Parco naturale degli Astroni.

Questo duemiladiciotto ha un bellissimo colore purpureo tutto suo, a tratti caratterizzato da toni scuri che si ritrovano immediatamente anche al naso, dapprima ermetico, al solito, ma che stilla man mano piccole sfumature invitanti, di frutto polposo e note speziate, anche terrose, che si fanno poi dense al gusto, nuovamente asciutto, persistente, saporito. Di quei rossi plastici da spendere su una ricca Zuppa di mare o uno Spiedo di pesci e molluschi arrosto.

Gennaro Schiano nelle sue vigne a Cigliano - foto A. Di Costanzo

Piedirosso Campi Flegrei Riserva Terra del Padre 2017 Cantine del Mare. Ne abbiamo scritto a lungo di Cantine del Mare e ne riscriviamo ancora volentieri oggi davanti a questo splendido Piedirosso Riserva. Un cambio di passo epocale qui a Monte di Procida, segnato da nuove bottiglie, si passerà infatti alla borgognotta, da nuove etichette che però verranno svelate solo tra qualche settimana, con i vini Riserva duemiladiciassette e quelli d’annata duemiladiciotto disponibili con ogni probabilità solo verso fine novembre prossimo, con almeno un anno di affinamento alle spalle. Nel merito, stiamo parlando di poco più di 1.300 bottiglie di cui Alessandra e Gennaro Schiano¤ possono andare molto fieri, coronamento di quasi vent’anni di storia della piccola cantina montese e della lunga e faticosa riconversione di diversi appezzamenti in conduzione avviata ben oltre un lustro fa.

Le uve provengono infatti quasi esclusivamente da vigne vecchie, di età che vanno dai 40, 60 anni delle vigne di Bacoli ai quasi 100 anni di alcuni ceppi collocati perlopiù sulle grigie sabbie vulcaniche della collina di Cigliano, nel comune di Pozzuoli. Il colore è uno splendido rubino vivace, luminoso come fosse sacro fuoco, il naso è un portento, ampio, finissimo ed espressivo di frutta rossa, è floreale, sa di melagrana e gerani, appena un accenno di cipria; il sorso è pieno, appare sottile ma saprà distendersi, si fa infatti largo e si allunga ad ogni assaggio, nessuna traccia del legno, solo tanto frutto: vibrante, polposo, teso. Un piccolo capolavoro da portare in tavola con primi al ragù di mare ma anche con carni stufate o preparate al forno con contorni di verdure.

Piedirosso Campi Flegrei Riserva Tenuta Camaldoli 2016 Cantine Astroni. Ecco un altro rosso dalla forte impronta territoriale che in appena una manciata di vendemmie sta là a disegnare nuove traiettorie. Qualcuno tra agli appassionati più attenti l’ha accostato a bottiglie prodotte lontano migliaia di chilometri da questi pochi ettari terrazzati sopra le colline dei Camaldoli, a Napoli, ma in realtà il vino di Gerardo Vernazzaro¤ non ha nessuna intenzione di somigliare a questo o quel vino d’oltralpe se non provare a scolpire nella materia liquida i tratti distintivi del varietale e di questa sorprendente terra sospesa.

Questo assaggio conferma in tutto e per tutto le velleità della precedente uscita duemilaquindici¤, è un rosso originale, dal respiro moderno e dal sapore contemporaneo, dal naso allettante e seducente, proteso all’ampiezza del frutto, profuma di melagrana e susina, di arbusti di macchia mediterranea cui segue, sottinteso, un sorso sottile e coinvolgente, pieno di nuovi cardini da scoprire di volta in volta nei prossimi mesi, anni, e un finale di bocca particolarmente gratificante. Uno di quei vini bonus da stappare tra amici con buoni Salumi e Formaggi di media stagionatura ma anche su carni rosse pregiate appena scottate, pensiamo ad una Tagliata di manzo con rucola e Grana.  

Sono questi vini che hanno inoltre la missione-ambizione di riuscire nel difficile compito di avvicinare sempre più appassionati alla riscoperta della leggerezza e della bevibilità¤, in un momento storico di forte inversione di tendenza dove alla potenza, alla concentrazione e alle alte gradazioni alcoliche di vini pesi-massimi vengono preferiti prevalentemente la finezza, l’eleganza e la bevibilità di pesi-medi leggeri, vini dalle gradazioni alcoliche contenute, vieppiù quando identitari e di spiccata personalità varietale e territoriale.

Infine, per chiuderla con una nota di orgoglio territoriale, il Piedirosso ha successo perché incarna forse anche la marginalità di Napoli, entrambi si trovano infatti ”Parà ta éscheta” ovvero ”prossimi ai limiti estremi”, ad un palmo di mano dall’abisso, pronto alla resurrezione ma anche ad un passo dal precipizio. Uno dei grandi problemi ancora irrisolti di questo vitigno infatti è la scarsa produttività che ne pregiudica la definizione di un modello viticolo moderno, capace di esaltarne le peculiarità limitandone le avversità; anche per questo alcuni contadini lo stanno in parte estirpando, sostituendolo nella migliore delle ipotesi con la Falanghina, di certo più generosa. Noi invece siamo per preservare il valore assoluto di questo straordinario vitigno, orgoglio agricolo e àncora di salvezza e rinascita viticola della nostra città, di questa provincia, delle sue periferie.

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Campi Flegrei Falanghina 2017 Cantine del Mare

10 settembre 2018

Seguiamo con attenzione il lavoro di Gennaro Schiano sin dai suoi primi passi mossi nei primi anni duemila. Esce per la prima volta con la 2003, non proprio l’annata migliore per esordire eppure ancora oggi, a distanza di 15 anni, quelle bottiglie di Falanghina¤ e Piedirosso restano ”vivissime” e continuano a raccontare tanto del territorio e dei vitigni autoctoni flegrei!

Gennaro continua a sporcarsi le mani in prima persona, la vigna viene prima di tutto! Il suo lungo pellegrinare sul territorio gli consente oggi di lavorare su più fronti flegrei, da Pozzuoli a Bacoli sino a Monte di Procida con la stessa fiducia. Il vigneto di Cantine del Mare ha mediamente 20/30 anni e le parcelle sono collocate su terreni spesso diversi tra loro, si va dalle grigie sabbie vulcaniche della collina di Cigliano alla Breccia Museo che caratterizza la Falesia che ricama lo strapiombo da Acquamorta a lungo via Panoramica a Monte di Procida, che affaccia direttamente sul Canale dell’Isola di Procida. Qui, in uno scenario davvero suggestivo c’è la splendida vigna Stadio – in foto -, piantata perlopiù con Falanghina che entra in questo vino in larga parte. 

L’annata duemiladiciassette è stata per molti particolarmente stressante, non solo qui nei Campi Flegrei; in effetti l’assenza prolungata di piogge unita al caldo torrido estivo ha rischiato di presentare in vendemmia un conto salatissimo, ma qui pare abbia creato meno problemi che altrove. Questo pezzo di terra sembra baciato da Dio, beneficia di un microclima straordinario: il mare è lì, a due passi oltre la scarpata, la vigna gode dei venti che spazzano costanti il Canale di Procida che contribuiscono ad arieggiare il catino naturale intorno al quale insistono i terrazzamenti. Qui, durante la notte, si registrano tra l’altro escursioni termiche importanti.

Così si spiega il buonissimo risultato con questo 2017, bianco che ha vivacità da vendere, invitante, fine e spiccatamente minerale, tra i più buoni e quadrati di sempre. Il naso è sottile e varietale, regala inoltre tratti balsamici molto gradevoli. Il sorso è fresco, giustamente puntuto, sapido, appagante. A distanza di qualche mese, oggi, è più espressivo ancora, perfettamente in equilibrio e godibilissimo, sa pienamente di questa terra di mare.

Restiamo invece fiduciosi di assaggiare nuovamente tra qualche mese il Piedirosso 2017: l’assaggio da vasca di alcuni mesi fa e quello provato in questi giorni appena in bottiglia fa molto ben sperare in un nuovo vero fuoriclasse! 

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Monte di Procida, della Falanghina Campi Flegrei di Cantine del Mare e due tre cosette da ricordare

18 settembre 2016

È un bel momento magico per questo territorio e per i vini dei Campi Flegrei¤, risultato di un duro lavoro cominciato anni fa con non pochi alti e bassi e tanti protagonisti alle prese con scelte talvolta condivisibili altre volte meno.

Cantine del Mare - foto L'Arcante

Non sono mancati passi falsi, cambi di rotta, un po’ di confusione. Non a caso per almeno una decina di anni si è fatta enorme fatica ad imbroccare la strada giusta; non a caso l’areale contava due, forse tre riferimenti che valesse veramente la pena seguire. Alcuni si limitavano a girargli intorno senza mai però tirar fuori fino in fondo una propria idea precisa di vino. Poi c’era chi lavorava sodo¤.

A metà anni duemila, a 10 anni dalla doc ottenuta nel 1994¤, a chi già sulla breccia da anni e in qualche maniera portabandiera del territorio flegreo si sono affiancati nomi nuovi e piccoli artigiani del vino che lentamente hanno saputo dettare i tempi di un’impronta territoriale propria, uno stile ogni anno sempre più riconoscibile e apprezzato trasversalmente da bevitori appassionati e professionisti della degustazione, la cosiddetta critica di settore.

Gennaro Schiano - foto A. Di Costanzo

Tra questi val bene ritornare su Gennaro Schiano e la sua Cantine del Mare. Gennaro ha saputo con caparbia insistenza ripartire dalle origini, è riuscito in pochi anni ad allargare le fila della piccola azienda agricola di famiglia nei pressi della cantina di via Cappella a Monte di Procida acquisendo poi meravigliose vigne nelle zone tra le più vocate del comprensorio Bacoli-Monte di Procida e Cigliano a Pozzuoli.

Andare in vigna con lui significa camminare per luoghi di grande fascino e ricchi di storia antica: il Belvedere al Fusaro e l’Anfiteatro (o Stadio) sulla Panoramica a Monte di Procida sono posti da colpo a cuore, vigne di incredibile suggestione vista mare. I suoi vini cominciano finalmente ad esprimersi con una certa continuità di profilo e tipicità, segno questo di equilibrio raggiunto anche in cantina.

Botte di castagno, Cantina del mare foto A. Di Costanzo

Il suo Piedirosso ha trovato da tempo una più che discreta quadratura, l’ultimo assaggio del 2013 ha confermato la pienezza espressiva che lo caratterizza da sempre, offre un gran bel naso e un sorso sempre appagante; tra l’altro, prove alla mano, è capace di attraversare il tempo con una certa disinvoltura come dimostrano i diversi riassaggi di annate passate come la 2003, ancora in forma smagliante. Qui forse vale molto il fatto di poter contare su vigne e uve provenienti da areali flegrei collocati su più fronti, terreni diversi, esposizioni e microclimi differenti.

A questo giro però è la Falanghina¤ 2015 che ha pienamente convinto della tanta strada fatta. Assaggiata la prima volta lo scorso Maggio mostrava una vivacità incredibile sorretta dalla tessitura fine e minerale di sempre. A distanza di mesi, oggi, è decisamente in rampa di lancio, si distende con fierezza ed offre una complessità di beva di grande equilibrio e soddisfazione. Sa profondamente di questa terra di mare. È quel vino da bere adesso e per i prossimi tre-quattro anni con sempre maggiori aspettative. Non c’è che dire: Monte di Procida, “Hoc vinum optimum est”. E Gennaro Schiano è senz’altro il protagonista.

Monte di Procida, Cantine del Mare¤.

Monte di Procida, Falanghina 2003 Cantine del Mare¤.

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Monte di Procida, sorprendente la Falanghina dei Campi Flegrei 2003 di Cantine del Mare

24 febbraio 2014

Non è facile reperire in giro testimoni come questa bottiglia, sempre più una rarità da queste parti. Tra l’altro fa il paio con uno splendido piedirosso, pari annata, del quale ho potuto godere là in cantina e del quale grazie a Gennaro vanto un’ultima bottiglia da spendere con qualche buon amico di bevute future.

Cantine del Mare - foto L'Arcante

Annata calda la 2003, perlomeno così raccontano gli annali seppur già da qualche assaggio passato non mi sembra affatto che il giudizio generale possa valere come principio assoluto. Difficoltà climatiche a cui vanno aggiunte ben più complesse difficoltà operative. È l’anno di nascita per Cantine del Mare¤, la prima vendemmia e in cantina c’è giusto l’essenziale e ben poca esperienza, con tutto quello che ne consegue quando le cose non vanno proprio come devono. Tant’è vero che, senza nemmeno troppi giri di parole, il bicchiere qui racconta molto più di quanto ci si aspettasse. Una vera sorpresa!

Gennaro Schiano da qualche anno ha abbandonato completamente i suoi passati impegni professionali e si occupa da  circa tre anni, con la moglie Sandra, solo ed esclusivamente dell’azienda di famiglia. In campagna fa gran parte del lavoro da se e basta buttare un occhio alle splendide vigne in conduzione su via Panoramica¤ a Monte di Procida o anche solo quello alle spalle della piccola cantina per avere ben chiaro quanta dedizione, cura ed attenzione ci mette.

Falanghina 2003 Cantine del Mare - foto A. Di Costanzo

Bianco che ha uno splendido colore paglierino, appena maturo sull’unghia del vino nel bicchiere. Il primo naso è concentrico su note idrocarburiche, un classico se vogliamo quando si ha a che fare con vini di una certa età dall’identità minerale così pregnante. Gli basta poco però per farsi cogliere in tutta la sua pienezza, dalla personalità così ancora viva, con accenni di camomilla, fieno, frutta secca e ginger. In bocca è asciutto, teso, affatto magro, naturalmente imperfetto sul finale di bocca ma con piena freschezza, sapido e rimandi balsamici assai gradevoli.

Ha quasi 11 anni, cavolo!, a trovarne di bianchi campani così in splendida forma. Non ne farei certo un feticcio, e nemmeno mi spingo a farne un manifesto territoriale; la falanghina dei Campi Flegrei ha una missione molto precisa e non bisogna menarsela più di tanto. Diciamo che sono di quelli che amano sorprendersi più quando la trovi un po’ per caso una bottiglia del genere che quando ti arriva tra le mani con la solfa che così debba essere. N’est-ce-pas…?

1994-2014, 20 anni dalla doc Campi Flegrei.

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Monte di Procida, Cantine del Mare

28 novembre 2011

Non è più da considerare una anomalia quella di un vino rosato della scorsa annata addirittura non ancora commercializzato, quando siamo praticamente sul finire del 2011: un anno è più dalla vendemmia, tra l’altro con la nuova già in cantina in affinamento nelle vasche d’acciaio.

Unico e prezioso. E’ così che Gennaro Schiano, volto nuovo della viticoltura flegrea, vignaiolo appena quarantenne, ha deciso debba essere il suo rosato ancora in affinamento in acciaio (!): uscirà infatti solo poco prima di natale prossimo, e solo per gli affezionati clienti che si recheranno a comprarlo in cantina da lui a Monte di Procida, o ne faranno magari richiesta esplicita. Una rarità insomma.

E la conferma arriva saggiandolo questo rosato, e viene in mente come in realtà troppo spesso si ha troppa fretta di mettere in tavola certi vini, quando invece potrebbero tranquillamente maturare per poi riproporsi con slancio maggiore. Ma in verità in questa iniziativa non c’è nulla di precostituito, pensato, più semplicemente vi è un numero di bottiglie, appena un migliaio, che sarebbero volate via in un battibaleno e senza nemmeno, forse, una logica commerciale costruttiva vista anche l’improbabilità di riproporlo quest’altro anno. E’ ricco e vivace il colore tra il cerasuolo e il chiaretto, con vivide nuances ramate; primo naso vibrante, intenso di note floreali, e poi officinali; in bocca è asciutto, fresco, il sorso è sapido, appena caldo. Una vera delizia.

Così l’idea di conservarlo per chi ha il piacere di venire qui in cantina, camminare le vigne, conoscere la loro giovane ma intensa storia. E infatti Cantine del Mare è davvero una bella scoperta, lo è stato per me che, scioccamente forse, avevo affidato quasi esclusivamente alla buona presenza ed espressione dei loro vini la sola tangibilità di quanto di buono si faceva da queste parti. E invece no, la sorpresa è stata, per rendere bene l’idea a chi legge, decisamente enorme!

L’azienda è annoverata tra le più giovani del comprensorio flegreo, stiamo parlando del 2003 come costituzione e forse del 2006 come prima vera vendemmia, quella realmente espressiva del progetto di Gennaro, aiutato in questa avventura dalla giovane moglie Sandra e per qualche tempo da suo cognato Pasquale Massa, che ha curato perlopiù soprattutto i primi passi commerciali dell’azienda. Circa due ettari di proprietà, che praticamente cingono la piccola e suggestiva cantina di via Cappella Vecchia a Monte di Procida, più altri 6 in conduzione diretta sparsi qua e là sul territorio: “La mia idea di vino nasce in vigna, in ognuna di esse, e quindi solo gestendole in prima persona potrei dedicarmici a pieno. Ragion per cui, per tutti i vini da me prodotti nei Campi Flegrei, siano essi doc o igt, come per lo spumante e per il passito, non compro uve (nè vino, ndr) da terzi”.

I vigneti in conduzione sono collocati nelle aree tra le più vocate della denominazione, tra Bacoli, Monte di Procida e Pozzuoli; alcuni, dei quali si possono ammirare le splendide immagini qui riportate, sono davvero sorprendenti. Personalmente non ne avevo contezza prima d’oggi, e di questa scoperta sono davvero felice. Il vigneto “stadio” per esempio, praticamente sulla panoramica di Monte di Procida, da dove vi si accede per una piccola viuzza che discende una scarpata di recente ripristinata al passaggio, è di una suggestione unica: un catino di poco più di 2 ettari e mezzo, piantato con sola falanghina – a piede franco, già in produzione -, letteralmente affacciato sul golfo, con vista sulla prospiciente Procida e più in la l’isola d’Ischia.

Un luogo un tempo letteralmente abbandonato a se stesso e recuperato in maniera splendida proprio grazie all’operato di Cantine del Mare. L’impianto è moderno, piuttosto regolare e fitto, e nonostante sia facile immaginare le alte temperature agostane e altrettanto evidente, data la posizione, il beneficio della frescura della brezza marina e delle escursioni termiche che qui già a fine agosto si fanno sentire importanti.

Altra storia è la vigna sul Belvedere, ai più è già conosciuta perché di proprietà della famiglia Vitale che, per qualche anno, ha prodotto in proprio – con l’aiuto di Luigi Di Meo – col marchio dell’Azienda Agricola Il Ramo d’Oro. A loro, una volta decisi a mollare, è subentrato nella conduzione delle vigne Gennaro Schiano: da qui arriva oggi una parte del loro piedirosso “base”. Un vigneto anch’esso suggestivo, caratterizzato da un terreno piuttosto povero e quindi capace di stressare per bene il varietale e dare buona uva. Soffre però particolarmente l’esposizione ai venti forti che soprattutto in settembre, un momento delicatissimo per la vigna, spazzano decisi, talvolta violenti, questo costone collocato tra il Fusaro, Baia e Bacoli. Non è difficile infatti vedere perso tutto o in parte il raccolto, come è già successo per esempio due anni fa.

Ma questo delizioso Rosato, da piedirosso in purezza, è solo una delle chicche della preziosa proposta dell’azienda montese degli Schiano, guidata oggi in cantina dal giovane tecnico Gianluca Tommaselli, subentrato a Maurizio De Simone; e gli assaggi, praticamente di tutti i vini, anche quelli 2011 in vasca e in elevazione tra acciaio e legno, non hanno fatto altro che confermare le già solide mie personali convinzioni di un lavoro sempre costruito con integrità e vivida espressione, in vigna così come in cantina. Queste che seguono alcune tra le più interessanti impressioni.

V. S. Q. Brezza Flegrea Spumante di Falanghina. Assaggio prima il “vino base” appena a fine fermentazione; il prossimo Marzo questa piccola cisterna, così com’è, verrà caricata e spedita a Valdobbiadene per la spumantizzazione in autoclave: ha buona acidità, un buon tenore alcolico, darà un brut quasi al limite con l’extra dry, di indubbie qualità. Poi il vino dell’anno scorso (che al momento però è terminato); offre sensazioni organolettiche naturalmente più compiute: è brillante, fragrante nei profumi varietali, sorso immediato, secco e godereccio. Da bere a fiumi! (per saperne di più, leggi anche qui).

Falanghina dei Campi Flegrei 2010. colori sempre particolarmente cristallini quelli dei vini di Gennaro Schiano, baciati dal sole e rinfrescati dal mare. Naso floreale e agrumato, tenue ma gradevolissimo. Il sorso è secco, ben dritto e di felice bevibilità.

Piedirosso dei Campi Flegrei 2010. Colore intenso, vivo e maturo, con qualche sfumatura ancora porpora sull’unghia. Il primo naso vinoso, floreale e finemente speziato, comunque molto varietale. In bocca è asciutto e rotondo, non manca di nerbo. Un guizzo pepato sul finire.

Campania igt bianco passito Vento di Grecale 2007. Da sole uve falanghina. Splendido il colore oro, ricco e intenso. Naso molto invitante, pronunciato su note candite, confettura di albicocca e cioccolato bianco. Forse solo un tono dolce di troppo, ma il sorso rimane interessante e chiude con una delicatissima nota di crema pasticcera assai persistente.

Falanghina dei Campi Flegrei Sorbo bianco 2006. Parzialmente fermentato in legno, poi in acciaio e quindi in bottiglia. Lungamente affinato in bottiglia. Naso ancora caratterizzato dall’evidente passaggio in rovere, si esprime meglio e molto bene in bocca: voluminoso e di buona persistenza.

Piedirosso dei Campi Flegrei Sorbo rosso “Annata Riserva” 2006. Vino decisamente intenso. Ne avevo già bevuto e scritto in passato, conferma l’ottima trama gustolfattiva e la capacità di reggere il tempo senza particolari sofferenze. Forse solo il naso esprime toni un po’ avanti, maturi, qui la prugna si fa confettura, ma il sorso sa regalare ancora buona intensità e profondità.

Falanghina dei Campi Flegrei Sorbo bianco 2011 – atto a divenire elevazione in castagno. L’idea è quella di ritornare all’utilizzo del “nostro” legno di castagno anziché insistere sul rovere francese. Così una parte di riserve sta venendo affinata in tonneau di castagno. Il naso qui è ancora marcato da note fermentative, siamo ancora agli albori, ma rimangono piacevolmente evocativi i sentori agrumati e fruttati. Vabbè, il lievito, selezionato, è di quelli giusti, ma c’è tanta buona materia, quindi svaniti i primi accordi si dovrà attendere la musica vera. Sorso già pulito.

Piedirosso dei Campi Flegrei Riserva Sorbo rosso 2011 – atto a divenire elevazione in castagno. Qui il discorso pare avere già un profilo molto interessante, e più promettente. Colore molto vivace, intenso e di ottima consistenza. Naso varietale, esplosivo in questa fase, tra classica vinosità ma anche tanta frutta rossa polposa. Nessuna traccia del legno. In bocca è arcigno, ancora acerbo, certo, ma v’è tanta materia. Interessante.

Questo articolo esce anche su www.lucianopignataro.it.

Intervallo. Pane e pummarole

25 novembre 2011

Campi Flegrei, il vino che verrà

24 novembre 2011

Ho trascorso buona parte degli ultimi dieci giorni a camminare vigne e cantine qui nei Campi Flegrei. Un bel giro, di ritorno da Capri, per ritrovare vecchi amici, salutarne con piacere dei nuovi e toccare con mano ciò che di bello e nuovo il territorio avesse da esprimere. Piacevoli chiacchiere che unite alle belle passeggiate tra le vigne, alcune di notevole suggestione, ci hanno poi ricondotti in cantina, a cogliere, direttamente dalle vasche, le prime impressioni sulla vendemmia 2011 appena alle spalle.

Si è scritto e detto che in Campania, in via generale, si sia avuta una vendemmia caratterizzata per lo più da alti e bassi, con punte di eccellenza in alcune zone ormai notorie, vedi l’alto casertano, il taurasino, il Cilento, ma anche da risultati non trascurabili in altre microzone di altissima vocazione, come in costiera – per esempio a Tramonti – o a Roccamonfina. In definitiva però va registrandosi un’annata abbastanza difficile da leggere, che a detta di molti enologi saprà riservare sì buone chances ma solo se ben interpretata dal punto di vista tecnico. Ecco, l’aspetto tecnico, quello talvolta fondamentale, altre volte meno.

“In vigna – secondo assoenologi Campania -, sono risultate fondamentali, nella caratterizzazione dei singoli risultati, la gestione viticola e delle operazioni in verde come la palizzatura e la sfogliatura nonché la scelta della data di raccolta in relazione all’obiettivo enologico ed alle possibilità dei singoli vitigni”. Si aggiunge inoltre, nel comunicato diramato pochi giorni fa, che “in cantina un’oculata gestione delle temperature di fermentazione dei mosti da uve bianche, ricche di elementi nutritivi in relazione alla primavera abbastanza benevola, ha permesso buoni risultati con i vitigni più nobili. Per le uve rosse è risultata fondamentale la scelta delle metodiche di macerazione delle bucce per l’estrazione mirata e misurata degli abbondanti composti polifenolici”.

Già, perchè se questa vendemmia è risultata abbastanza omogenea, a fare la differenza sarà il manico, chi dunque ha ben inquadrato cosa si è colto dalle piante e come meglio intervenire in cantina; chi sa insomma cosa fare, con uve o certamente surmature o, per contro, vendemmiate precocemente per non averle. Si dovrà ad ogni modo fare i conti con la propria esperienza.

Detto questo, per quanto riguarda i Campi Flegrei, credo si palesi anche qui una certa eterogeneità qualitativa, soprattutto per i vini bianchi; questa è la mia prima sensazione venuta fuori dagli assaggi di questi giorni. La materia è interessante, con punte di ottimo livello qualitativo, ma ho avuto l’impressione che non ci dobbiamo aspettare vini di particolare profondità, ed eleganza, bensì ben inquadrati sulla tenue spinta olfattiva e la solita, caratterizzante, consueta bevibilità.

Fatte salve giusto una/due cose piuttosto interessanti, pensate da chi ha deciso per macerazioni un po’ più lunghe ma soprattutto da chi ha saputo leggere molto attentamente ognuna delle sue vigne, mi verrebbe da dire ognuno dei propri filari, grappolo su grappolo. E agire di conseguenza in cantina. Poi si sa, i lieviti, le correzioni dei mosti, possono – laddove non si hanno tanti scrupoli – dare una mano, ma alla lunga il risultato lascia il tempo che trova se non ben supportato da un corredo più complesso. Accontentiamoci quindi, ma non escludiamo anche piacevoli sorprese.

Altra storia mi è sembrata quella dei vini rossi, in uvaggio e non, in particolar modo il piedirosso, sicuramente in grande spolvero: teso e concentrato dove si ha avuto il coraggio – o più semplicemente l’intelligenza – di aspettare, assai espressivo in quei luoghi caratterizzati da terreni più complessi e ricchi di minerali. C’è un buon livello di concentrazione quindi, e sicuramente indubbie possibilità di evoluzione, pur augurandomi si tenda a conservare anzitutto lo spirito di un vino da lasciar bere e non che finisca, come tavolta accade, a fare da soprammobile nelle cantine sempre più affollate e impolverate; poi si sa, solo il tempo ci dirà. Da segnalare infine, le interessanti novità sul versante della d.o.c. che di recente ha subito alcune modifiche al disciplinare di produzione: molto interessante per esempio l’idea di un rosato doc Campi Flegrei. In un prossimo post tutte le novità.

Campi Flegrei Falanghina 2009 Cantine del Mare

9 aprile 2011

Cantine del Mare, Monte di Procida (NA)

Monte di Procida nell’immaginario collettivo di noi flegrei è sempre stata terra di partenza; a buttare uno sguardo agli albi comunali si leggono tracce che raccontano anni di migrazioni di massa; spesso intere famiglie, a volte più generazioni che hanno lasciato questo piccolo comune dei Campi Flegrei per raggiungere mete lontane talvolta migliaia di chilometri: Stati Uniti, Canada, sud America le destinazioni più ambìte; più di una volta senza fare ritorno, se non per la vecchiaia. Monte di Procida annovera anche una marineria tra le più esperte in forza alle numerose compagnie multinazionali di shipping che solcano i mari di tutto il mondo; gente esperta ed impavida, che porta nel proprio dna un legame fortissimo con il mare.

Gennaro Schiano aveva un’idea che gli frullava nella testa da anni; no, non quella di lasciare la sua terra natìa, sentiva anzi sempre più forte l’esigenza, l’impellenza, di piantarvi radici ancora più profonde; così la passione per il vino ha preso il sopravvento, l’idea di una terra in movimento è divenuto un progetto solido e duraturo; si gode così, dalle sue vigne, lo splendore del mare d’inverno, e gli straordinari tramonti all’orizzonte: oggi a girare il mondo preferisce mandare le sue bottiglie di vino, falanghina e per e’palummo.

Così nel duemilatre nasce Cantine del Mare, con la collaborazione dell’amico Pasquale Massa, a cui tocca fare divulgazione, e del giovane Gianluca Tommaselli a cui sono state affidate le redini della piccola e suggestiva cantina in tufo di via Cappella. Le uve predilette, come detto, sono quelle tradizionali flegree; con la falanghina, oltre al delizioso bianco di cui vi parlo oggi, viene prodotto anche un interessante vino spumante, il Brezza Flegrea.

Con questo vino di Cantine del Mare inauguriamo il nuovo corso bianchista della nostra rubrica, che nelle scorse settimane aveva volutamente dato ampio spazio soprattutto al piedirosso, vitigno decisamente meno diffuso della falanghina nei Campi Flegrei, ma non per questo meno ricercato. Nelle prossime uscite quindi vi racconteremo approfonditamente dei nuovi bianchi 2010, anche in virtù di una primavera che, a dispetto del calendario, tarda sì ad arrivare ma, che non possiamo non sentire già nell’aria. Iniziamo però da un duemilanove, dal vecchio millesimo per intenderci, dove eravamo rimasti. Un bianco, questo di Gennaro, essenziale ed immediato, lieve, minerale, franco, proprio come penso debba essere una falanghina della nostra terra; in questo momento, dopo un anno e più di bottiglia, nel suo momento migliore, è al suo apice espressivo. Qui la marcia in più è la sapidità, quella gradevole sensazione di compiuta bevilibilità che solo certi bianchi sanno offrire, e la “nostra” in questo caso ne è regina; un bianco leggiadro, fine ed elegante, che solletica il palato ma non affonda le unghie, che infonde calore ma non appesantisce il palato. Un bel biglietto da visita per i Campi Flegrei!

Questo articolo è stato pubblicato questa settimana su Pozzuolidice nella nostra rubrica di enogastronomia dove abbiamo offerto ai nostri lettori anche una fresca e saporita ricetta di mare consigliataci qualche tempo fa dall’amico Carmine Mazza de Il Poeta Vesuviano di Torre del Greco; piatto perfettamente abbinabile a questa sottile e finissima falanghina flegrea. Ne “il Dizionario del vino” inoltre,  anche un nuovo termine per imparare “a leggere” il vino.

Falanghina, dieci etichette sulla bocca di tutti ovvero da non far mancare nella vostra cantina..!

21 settembre 2010

E’ il bianco dell’estate 2010! E’, senza dubbio alcuno, lo stupore per i palati più fini in cerca di un easy to drink finalmente convincente, è la protagonista assoluta delle nostre e vostre tavole, è letteralmente, una escalation di il, lo, la che più di uno schiaffo all’Accademia della Crusca sembra essere la conferma di un paradosso tutto italiano: versatilità unica e decisamente rara per un unico vitigno, che fa, di una tra le uve più coltivate in Campania, a seconda della vocazione territoriale (o se vogliamo delle esigenze di mercato) adesso un vino spumante, poi fermo, degno di nota pur quando macerato o all’evenienza dolce frutto passito: insomma, ogni volta decisamente fuori dall’ordinario, una vera potenza al servizio della bevibilità e, dato non trascurabile, per tutte le tasche 🙂 !

Astro brut spumante di Falanghina s.a. Cantine Astroni, rimane una delle interpretazioni più gradevoli e corroboranti del vitigno spumantizzato con il metodo charmat. Le uve sono in parte flegree ed in parte beneventane, la beva danza sull’equilibrio minerale delle prime e sulla acidità delle seconde: una bottiglia, in due, va via più veloce della luce: quanto valgono 8 euro?

Brezza Flegrea spumante di Falanghina s.a. Cantina del Mare. Ad oggi è la bollicina che più mi ha impressionato tra quelle pensate in terra flegrea. Siamo sulle coste a strapiombo sul mare di Monte di Procida, il vino di Pasquale Massa e Gennaro Schiano ha personalità e complessità da vendere, davvero una bella sorpresa anche per i palati più preparati alla tipologia, da tutto pasto. Da € 15

Campi Flegrei Falanghina Cruna DeLago 2008 La Sibilla, Ne ho raccontato, ampiamente, in un precedente post, continuo a pensare che negli anni l’azienda di Luigi Di Meo e Tina Somma e questo vino in particolare, vanno delinendosi un ruolo nei Campi Flegrei tanto rilevante quanto, per esempio, Sandro Lonardo a Taurasi: autentica espressione territoriale! Da € 15

Campi Flegrei Falanghina Vigna del Pino 2006 Agnanum. Raffaele Moccia è viticoltore ad Agnano, se non fosse per lo storico ippodromo fareste fatica anche a capire dove sia, a Napoli, Agnano. Molti, negli anni, lo hanno identificato come un vignaiolo di città, lui continua a preferire definirsi più semplicemente un agricoltore, come a voler sottolineare, semmai ce ne fosse bisogno, il suo legame con la terra di origine, che non ammette – dice – specializzazioni, richiede solo tanta fatica, sacrifici; Quei 3 ettari e mezzo di vigna sono la stessa terra solcata nel tempo dal nonno e dal padre, e oggi, con viva speranza, sogna di consegnarla, un giorno, nelle mani del nipotino. I vini di Raffaele gli assomigliano, sono terra vulcanica e frescura notturna, sono crudi ed imperfetti come cruda ed imperfetta è la realtà che circonda le sue vigne. Ma sono vini veri, seri, “fatti con l’uva”, direbbe se fosse qui al mio fianco nel dettarmi cosa scrivere. Il cru Vigna del Pino ’06 ha avuto tempo per aggiustare il tiro, la pulizia olfattiva non è mai stato il suo forte, e forse nemmeno il colore, oggi bello carico, un po sopito, ma se volete avere idea di come e cosa può esprimere una falanghina dei Campi Flegrei negli anni, segnatevi in agenda questo vino, vi aprirà la mente: è figlio di frutti selezionati e trattati come perle, il timbro gustativo è maturo ma di ficcante acidità, pieno, salino, evocativo! Da € 14 (ma non ne troverete in giro, ndr).

Falanghina Beneventano 2008 Poggi Reali (Guido Marsella). La verità, diciamocela, è che proprio non ci va giù che un produttore, vigneron d’avanguardia in terra di fiano di avellino vada predicando il mercato con vini che non appartengono alla sua vocazione. Così per rimpinguare il listino, oltre ad un mediocre Greco di Tufo, il buon Guido si è inventato con il marchio Poggi Reali questa falanghina che invece va detto, è davvero deliziosa, affiancandola al suo già famoso fiano di Summonte. Cercatela e bevetene, è un vino che merita l’assaggio, bello da vedere, docile al naso, asciutto e piacevolmente acido al palato. Da € 12

Sannio Falanghina Via del Campo 2008 Quintodecimo. Siamo alle solite, il sommelier che non riesce a far altro che parlar bene del professor Luigi Moio: ebbene si! Sfido chiunque a non riconoscere nei vini di Quintodecimo un determinato senso di appagamento gustolfattivo. Anche su questa falanghina, raffinata esecuzione il cui nome va all’indimenticata sonata di Fabrizio De Andrè, dove aleggia l’anima nobile di un vigneron che insegue il proprio ideale, non è forse il maggiore conoscitore in circolazione del varietale?“[…] e ti sembra di andar lontano, lei ti guarda con un sorriso, non credevi che il paradiso fosse solo lì, al primo piano sorso […]”. Da € 28

Roccamonfina Fiorflòres 2009 Tenuta Adolfo Spada, Ernesto Spada è un gran signore, con il fratello Vincenzo hanno preso molto sul serio un mestiere che in realtà nasce dalla voglia di mettersi in gioco, guardare con occhi diversi un’antico pallino familiare, il desiderio del papà Adolfo di fare a Galluccio un grande vino, ed il Gladius se ancora non lo è poco gli manca. Il Fiorflòres invece è appena sbocciato, un passo avanti – mi dicono – alla falanghina+fiano Flòres che aveva esordito appena un paio di vendemmie fa ed accantonata (solo per il momento?) per far spazio a questo cru 100% falanghina con origini, e timbro organolettico, flegrei. Dal colore paglierino tenue, ha naso lieve ma fine, in bocca mostra una bella spalla acida ed un finale decisamente piacevole, con qualche mese in più di bottiglia si potrà goderne pienamente il frutto, per cui aspetto e spero. Da € 9

Sant’Agata de’ Goti Falanghina 2009 Mustilli, imbattibile per leggerezza e bevibilità, rimane, assieme a pochi altri, il vino di riferimento per la tipologia in Campania. La storica azienda di Sant’Agata dei Goti, che ha letteralmente inventato la falanghina come vino da tavola di qualità offre puntualmente, ad ogni vendemmia, una interpretazione assoluta della sua falanghina. Dal colore sempre cristallino, ha un ventaglio olfattivo pronunciato e schietto, in bocca è secco, fresco e sul finale si evidenzia una delicata amarognola. Pochi i vini bianchi da pesce come questo! Da € 8

Taburno Falanghina Adria 2009 Torre dei Chiusi. Domenico Pulcino lavora in maniera essenziale, fermo nel sostenere i principi dettati dai suoi predecessori ed è indiscutibilmente un ottimo interprete della sua terra. Il Taburno ha da tempo trovato i suoi protagonisti assoluti, i volumi della Cantina del Taburno, le visioni di Libero Rillo (ricordate la falanghina “2001”?), la costante crescita di Fattoria La Rivolta e via via sino a dare spazio e degno lustro ai nuovi arrivati, Nifo Sarrapochiello e per l’appunto l’azienda Torre dei Chiusi. Falanghina di gran nerbo questa di Domenico, spiccatamente varietale al naso ed incalzante nella beva, un vino pulito, buono e non di meno di giustissimo prezzo! Da € 8

Roccamonfina passito Eleusi 2006 Villa Matilde. Non poteva mancare, in questo breve viaggio nel mondo della falanghina, una segnalazione ad hoc versione dulcis in fundo. Sia chiaro, in molti si sono cimentati negli anni nella tipologia, ed i risultati di eccellenza non si sono certo fatti attendere, si pensi ad esempio al beneventano Jocalis dei fratelli Pascale di Aia dei Colombi o magari al particolarissimo Passio di La Sibilla nei Campi Flegrei, però l’Eleusi di Tani e Maria Ida Avallone rimane il bianco dolce di maggiore riferimento in regione, costanza ed affidabilità sul varietale sui generis. Dal colore ambra cristallino, naso soavemente incentrato su frutta secca, scorze di agrumi e di albicocca candita e malto d’orzo. Come da manuale l’acidità che ritorna appena dopo la deglutizione ad infondere equilibrio e compostezza. Da € 21 (0,375)

Questo vino è il nostro vino dolce dell’anno.

Nota a margine: come sempre nessun voto, solo esperienze tangibili di bevute sul campo e constatazioni tra i tavoli, ma cosa insolita, vi indichiamo per tutte le etichette segnalate il prezzo; Non lo facciamo spesso perchè ci sono tante variabili (distribuzione, regione, enoteca o ristorante, ecc…) che incidono sul prezzo finale al consumatore, pertanto quello segnalato qui – in enoteca – è da ritenere puramente indicativo. A voi, una volta bevuti, l’ardua sentenza; Per saperne di più sul varietale, potete leggere qui la radiografia del vitigno.

Monte di Procida, Piedirosso Sorbo Rosso 2006

11 gennaio 2010

Monte di Procida nell’immaginario collettivo è sempre stata terra di partenza, qualche volta luogo di ritorno. Gli annali sono pieni zeppi di riferimenti che raccontano di intere famiglie che hanno lasciato questo piccolo comune dei Campi Flegrei per raggiungere mete lontane, gli Stati Uniti, il Canada, il Sud America, facendovi ritorno solo dopo lunghi anni trascorsi in terra straniera, qualificando ed ampliando l’offerta gastronomica di questi paesi aprendo  pizzerie, pub e ristoranti più o meno di cucina tradizionale.

Monte di Procida, va ricordato a chi non lo sapesse, annovera anche il merito di contribuire alla formazione della marineria più esperta in forza nelle compagnie multinazionali di shipping che solcano i mari di tutto il mondo, che qui sanno di poter trovare mano d’opera esperta ed impavida che porta nel proprio dna un legame fortissimo con il mare. Così, appena un anno fa, introducevo la piacevole degustazione del Piedirosso dei Campi Flegrei 2006 base sul wineblog di Luciano Pignataro; vino nel quale Gennaro Schiano, giovane patron di Cantine del Mare, anche con l’iniziale aiuto di Pasquale Massa, ha fortemente creduto, sin dall’inizio nel 2003, guardando al futuro viticolo di questi pochi vocatissimi ettari strappati letteralmente al mare lungo i pendii scoscesi del piccolo comune flegreo che guarda il mare del canale di Procida.

Per definizione vi è convinzione generale che nei Campi Flegrei, oltre all’areale del lago d’Averno e della Collina dei Camaldoli, proprio il territorio a ridosso delle coste e soprattutto nel comune di Monte di Procida fosse, per elezione, il miglior terroir possibile per questo vitigno; ma la storia della nostra terra ci ha lasciato notizia che proprio qui, per primo, è stato negli anni sistematicamente abbandonato a favore della coltivazione della sola Falanghina e in generale di vitigni di minore valore storico ma certamente di più alte rese commerciali: trebbiano, barberamontepulciano su tutti (continua a leggere qui sapere tutto sul piedirosso flegreo).

Il Piedirosso dei Campi Flegrei Sorbo Rosso 2006 nasce, con queste premesse, da una riserva di poche bottiglie stipate proprio per valutarne integrità e longevità nel tempo, con la promessa di rilanciare una vocazione spergiurata da molti e timidamente riproposta da Cantine del Mare già con il vino base dello stesso millesimo di cui sopra la mia passata recensione; Il vino si presenta con un bel colore rosso rubino, con una piccola nuances granata sull’unghia, di media consistenza nel bicchiere. Il primo naso è inizialmente interessato da una sottile nota eterea, poi tostata, ha bisogno di qualche minuto per aprirsi e concedersi su piacevoli sensazioni varietali quasi sempre essenziali ma mai secondarie in un vino come il piedirosso flegreo: note floreali di petali di rosa rossa e geranio passite, frutti rossi surmaturi e terra bagnata.

Un vino certamente fine, di discreta complessità, in bocca è secco, caldo ed abbastanza morbido, l’assenza di un tannino pronunciato, mai nelle corde del nostro per e’ palummo, lascia spazio ad una beva gradevole e lungamente fresca, sorretta da buona vena sapida, equilibrata e per giunta armonica. Su Polpettine fritte di alici, mandorle e capperi o magari, per chi ancora sa cosa significano, sulla zuppa di “paparelle”.

Monte di Procida, tira la Brezza Flegrea

20 dicembre 2009

Le bollicine sono certamente affare complicato, indiscutibilmente appannaggio dei cugini d’oltralpe e di poche realtà “attrezzate” italiane. Ciò non toglie che vi possano essere interpretazioni interessanti con vitigni tradizionali affascinanti che vanno a ritagliarsi tra gli appassionati avventori un piccolo spazio emozionale.

Questo vuole essere il Brezza Flegrea di Cantina del Mare, che assieme ad altre poche realtà campane ha deciso da un paio di anni di esplorare l’affollato mondo delle “bollicine autoctone” italiane, tirando fuori questa piccola chicca enologica dal comprensorio viticolo flegreo, prodotta con il vitigno falanghina e spumantizzata in quel di Valdobbiadene.

La cantina nasce nel 2003 ad opera di Gennaro Schiano e Pasquale Massa, più per una esigenza personale che commerciale, un piccolo rifugio dalla quotidiana realtà, ricavata a fatica da uno stretto e antico cellaio dell’inizio del secolo scorso con il soffitto a volta , dove sono, magistralmente stipati piccoli fermentini in acciaio, un piccolo essenziale impianto di imbottigliamento e qua e là alcuni contenitori in legno di diverso calibro con i quali si sta sperimentando il potenziale del piedirosso locale in affinamento.

Il Brezza Flegrea è prodotto con metodo charmat, si presenta con un bel colore giallo paglierino, brillante con una spuma delicata ed abbastanza persistente, le bollicine sono abbastanza fini. Il primo naso è improntato soprattutto su note erbacee, poi vengono fuori sentori agrumati e sottili frutti tropicali, è certamente intenso e di qualità assolutamente fine. In bocca è secco, non invadente nella sua vivacità, giustamente acido ed estremamente godibile nella beva anche grazie ad una nitida e gradevole sapidità. Un vino franco, sincero, che appaga una esigenza di palato di leggerezza e finezza. Ideale da aperitivo, ottimo anche a tutto pasto, da abbinare soprattutto a crostacei appena sbollentati o in umido ma anche a deliziosi soutè di tartufi di mare; da servire ad una temperatura intorno agli 8°, non necessariamente in una flute, un calice un po’ più ampio lascerà apprezzare meglio tutto il suo spettro aromatico.


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